Anno 4 n. 69 - 15 Aprile 2004

IL TRAMONTO DEL SOL
Sotto la lente d’ingrandimento dei futuri operatori

Che la decima edizione del SOL sia stata sottotono è un dato di fatto: sarà stata la delusione per la mancata promessa per uno spazio tutto dedicato non a traino del Vinitaly, sarà stata la nuova disposizione degli stand con la conseguente riorganizzazione logistica, saranno stati gli impegni per la vicina scadenza della riforma dell’OCM Olio, insomma la partecipazione di pubblico ed aziende è rimasta in sordina. Anche sulle pagine della stampa che ha avuto parole quasi esclusivamente per il vino. Eppure perfino Flavio Tattarini, presidente dell’Ente Vini Enoteca Italiana, ha parlato di ombre, di presentazioni e degustazioni degli extravergine italiani che hanno avuto un risultato alterno, di una “non felice collocazione che non ha giovato al complesso dei contatti con i consumatori”. E dalle nostre personali fonti non è mancata la conferma che il mondo oleicolo si sente ormai stretto e limitato nelle vesti veronesi, che vorrebbe più attenzione e che il futuro più probabile è quello di un cambio di città, forse a Parma o a Bari, o piuttosto a Roma con il nuovo centro fieristico o a Torino.
Tra i visitatori, comunque, c’è stato un gruppo di ragazzi molto attenti e critici, studenti di elaiotecnica, che non hanno mancato di farci partecipi delle loro sensazioni. Vi proponiamo l’intervista che ne è nata.

Qual è stata la sensazione generale vostra e degli operatori sullo svolgimento di questa edizione del sol?
Come gruppo di specializzandi in elaiotecnica di Roma, esprimiamo un giudizio appena sufficiente sullo svolgimento dell'edizione 2004 del SOL. Ci facciamo portavoce insieme agli stessi operatori del malcontento generale sulle condizioni, principalmente climatiche, degli ambienti in cui si è svolta la manifestazione quale la temperatura elevata e altamente dannosa per la conservazione del prodotto olio che non ha predisposto all'assaggio e ha contribuito ad allontanare i visitatori dal mondo olio.

Ci si aspettava finalmente un salone indipendente invece c'è stato uno spostamento degli stand dal World Trade Center dell'entrata principale ai nuovi padiglioni distaccati: un miglioramento?
A nostro modesto parere, anche se l'idea di offrire uno spazio autonomo al prodotto olio rispondeva alle esigenze dei visitatori, l'infelice scelta di collocarlo presso i nuovi padiglioni (troppo decentrati e remoti rispetto al complesso fieristico) ha causato un ulteriore allontanamento dei visitatori che sono stati emarginati rispetto al resto della manifestazione. Per non parlare dell’Enolitech, sconosciuto o quasi alla maggior parte del pubblico della fiera.

Che tipo di partecipazione avete potuto notare da parte dei visitatori addetti e non addetti ai differenti eventi organizzati (degustazioni, conferenze)?
La dislocazione marginale del settore olio rispetto a quello vino, ha scoraggiato la partecipazione soprattutto delle persone non addette e sulle quali si puntava per un rilancio positivo del settore oleario che sono state fagocitate dallo “spettacolare” settore enologico. Alle conferenze e alle degustazioni hanno partecipato soltanto gli addetti e pochissimi non addetti. Tra l'altro c'è da rilevare che le condizioni acustiche, per lo svolgimento dei programmi di degustazioni regionali, erano disturbate dai rumori dei macchinari agricoli in esposizione e continuamente in funzione. Sarebbe stato più consono uno spazio per la degustazione ameno dove poter scambiare opinioni e pareri in tranquillità e soprattutto per valorizzare il grande e ottimo lavoro svolto dai relatori, anche nella cura e l'allestimento dei banchi d'assaggio.

Siete rimasti soddisfatti del programma e degli incontri e delle conferenze?
E' stato sicuramente positivo ed interessante partecipare alle conferenze, anche se non ci è stato permesso di partecipare ad alcune; un rimprovero forse sulla presenza di troppi giornalisti e di pochi produttori ed operatori in generale che non ha dato il giusto spessore al dibattito.

Avete potuto riscontrare particolari pecche nell'organizzazione? E novità positive?
A parte quanto già detto in merito alla disposizione, l'assenza, del confronto con altri paesi produttori europei ed extraeuropei, fatta eccezione della Francia, ha sicuramente impoverito l'evento, come anche l’assenza di regione italiane ad alta vocazione oleivicola quali il Lazio e l’Umbria.
Il COI-Consiglio Olivicolo Internazionale, secondo noi non ha svolto al meglio la funzione di sensibilizzazione e divulgazione della cultura dell'olio perché ha scelto uno stand decentrato con personale poco professionale e con scarsa disponibilità di materiale informativo e letteratura, come invece spetta a tale organo.
Si è rilevato da parte di qualche produttore una scarsa preparazione soprattutto in merito ad aspetti tecnici della filiera mentre sarebbe auspicabile che nel prossimo futuro gli operatori investissero anche in personale più qualificato, prendendo spunto dal settore vitivinicolo. L'olio per fare il suo exploit ed avere un rilancio sul mercato deve essere presentato in un contesto separato dal prodotto vino, oltre che da un punto di vista spaziale anche temporale, dato che il vino è palesemente aiutato dall'ondata modaiola e dal vincente marketing di presentazione.
Fino a quando non si farà una reale e corretta informazione nei confronti sia del consumatore sia degli operatori del settore (cuochi, ristoratori, medici e piccola distribuzione ecc.) l'olio non uscirà mai dal periodo di "irrancidimento" in cui si trova da decenni.

Il ritardo nello sviluppo del settore commerciale dell'olio è un'annosa questione, da una parte per le politiche poco decise, dall'altra per una mentalità produttiva mediamente poco proiettata verso il futuro. Perché l'esempio del "fratello maggiore vino" ancora non è riuscito ad emancipare il nostro comparto?
Sicuramente le lamentele da noi prodotte, vogliono essere un contributo costruttivo per migliorare un settore che ci sta particolarmente a cuore.
Indubbiamente questo ritardo nello sviluppo commerciale dell'olio di qualità è dovuto essenzialmente ai costi elevati di produzione che gravano sul prezzo finale relegando sempre più l'olio extra vergine di oliva di qualità ad un prodotto di nicchia.
Il mercato attuale è soffocato da olio extravergine di oliva che le grandi industrie olearie confezionano con prodotto spesso importato e comunque acquistato a basso costo, spuntando così un prezzo basso che confonde l'ignaro consumatore facendogli apparire ingiustificato ed eccessivo il costo degli oli di qualità.
Proprio per tali ragioni la promozione di momenti di divulgazione e di diffusione della cultura dell'olio extra vergine di oliva rivolta sia ai consumatori sia agli operatori deve trovare maggiori spazi e visibilità in tutte le aree geografiche d'Italia e sicuramente lontano dal fenomeno "grande fratello" vino.

Hanno risposto alle nostre domande gli specializzandi elaiotecnici dell’I.T.A.S. Garibaldi: Bancher Francesco, ristorazione - Benedetti Gianluca, laureando in Agraria - Berrio Carlos, chimico - Borraccetti Massimiliano, ristorazione - Brizi Irma, produttore, tecnico esperto di prodotti tipici - De Amicis Francesco Saverio, tecnico esperto di prodotti tipici – D’Onofrio Raffaele, produttore - Ferrazza Annalisa, perito agrario - Giovanetti Massimo, perito agrario - Latini Francesco, perito agrario, laureando in scienze forestali - Lucchetti Luigi, assaggiatore UMAO - Mercuri Paolo, perito agrario, assaggiatore UMAO - Morgana Gero, tecnico esperto di prodotti tipici - Marocca Fabrizio, laureando in scienze e tecnologie alimentari - Monterisi Nicola, produttore, assaggiatore UMAO - Ranieri Caterina, laureando in scienze e tecnologie alimentari - Spatafora Carmela, tecnico delle industrie chimiche, tecnico esperto di prodotti tipici.




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