Anno 4 n. 63 - 22 Gennaio 2004

MADE IN ITALY O IN EUROPE?
Una proposta non nuova che si rinnova

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Per questo numero, il nostro editoriale prende spunto dalla lettera di una lettrice che più che porre una domanda tecnica o pratica, ci invita ad una riflessione.

Francesca Gonnelli scrive. "Non ritenete controproducente ed estremamente pericolosa l'iniziativa che sta nascendo in sede comunitaria che prevede la nascita di un marchio "Made in Europe" per tutti gli stati membri e che va quindi ad uniformare le produzioni dei singoli stati?"

La nostra lettrice sottolinea giustamente la contraddizione ideologica che si verrebbe a creare dalla coesistenza di un marchio del genere con quelli ben noti di indicazione geografica come DOP e IGP e rincara la dose facendo riferimento all'Olio ricordando quanto sia importante e già duro l'impegno di far ben conoscere al pubblico il significato e la valenza di una Denominazione di Origine Protetta.

Condividiamo le perplessità della signora Francesca aggiungendo che per l'Extra Vergine di Qualità non ci sembra che si senta il bisogno di aggiungere un altro marchio con relativo bollino, conseguente certificazione ed aggiuntivi, inevitabili e certamente onerosi costi burocratici.

Allo stesso tempo, però, ci sentiamo di poter dire che sulla questione del "Made in Europe" è stato sollevato un notevole polverone alimentato da una prima pagina del "Financial Times" (vedere gli articoli all'interno) e, onestamente, i polveroni ci preoccupano poco. Sono anni e anni che si parla di un marchio del genere e non si è mai trovato l'accordo. Lo ricorda il Commissario al Commercio Lamy.

Aggiungiamo, inoltre, che ci sembra affrettata la dichiarazione riportata da un'agenzia di stampa secondo la quale Arancha Gonzales, portavoce di Lamy, avrebbe detto che l'Italia "insiste" per un "Made in Europe".

Che l'Italia "insista" ci suona un po' eccessivo.

Ci è più facile credere che alcuni nostri connazionali, operatori del settore tessile nutrano preoccupazioni derivanti dalla capacità competitiva dei produttori extra-europei e dalle prospettive che si configureranno, fra un anno, con lo sblocco dei contingentamenti all'importazione e che stiano cercando di individuare strumenti di difesa.

Ma a noi piacerebbe sentire il parere anche della filiera agroalimentare.

Camilla Francisci




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