Anno 5 n. 93 - 5 Maggio 2005

ABBIAMO LETTO PER VOI IN "SPECIALE"

SPECIALE ETICHETTATURA

Produttività, mercati aperti e competitività. Il caso della Cina e del pomodoro


Estratto AgenParl del 3 maggio - A rischio l’intero settore delle conserve di pomodoro, con riflessi drastici soprattutto in termini di perdita occupazionale. L’allarme è stato lanciato dall’on. Gioacchino Alfano (FI), che ha sottolineato come "nel voluminoso dossier sulle concessioni tariffarie presentato a Bruxelles è stata inserita una sostanziale riduzione della barriera doganale sull’import di uno dei prodotti simbolo del made in Italy, le conserve di pomodoro"… L’on. Alfano ha chiesto di adottare iniziative "per prevenire pesanti ripercussioni nella produzione delle conserve di pomodoro e scongiurare una profonda crisi occupazionale nel settore".
"Consci dei danni che una tale concessione avrebbe potuto creare al settore agricolo, anche in termini occupazionali, il MiPAF ha sempre ribadito l’esigenza di una esclusione totale delle conserve di pomodoro dal Sistema delle Preferenze (regime applicato dall'Unione Europea ai paesi in via di sviluppo, con l’obiettivo di eliminare la povertà in tali paesi, incrementando la vendita di tutti i loro prodotti sul mercato comunitario)". Lo ha affermato il ministro Gianni Alemanno, che ha annunciato come "la Commissione europea ha limitato ai soli paesi SPG+ (e la Cina non è uno di essi) la possibilità di godere di esenzione per tale voce doganale".
"Il meccanismo - ha aggiunto Alemanno - consente di graduare i paesi in via di sviluppo, e quindi di ripristinare i normali dazi, nel caso in cui le importazioni provenienti da uno di essi superino il 15 per cento del totale delle importazioni della UE per il settore interessato". "Considerato il numero dei paesi SPG+, caratterizzati da scarsa capacità produttiva e di esportazione di conserve di pomodoro - ha rassicurato il Ministro - la nuova regolamentazione non dovrebbe influire negativamente sul comparto stesso".



Alla Camera proposta dell’UDC per obbligo di etichettatura delle merci extraeuropee

Estratto AgenParl del 26 aprile - “Sostenere, presso le istituzioni comunitarie, l’urgente necessità di adottare procedure celeri sia nell’accertamento delle violazioni delle regole contenute nelle linee guida inerenti alle clausole di salvaguardia, sia nell’adozione dei provvedimenti conseguenti; impegnarsi affinché sia resa obbligatoria in breve tempo l’etichettatura delle merci che entrano nel mercato europeo per assicurare una maggiore trasparenza e un miglior controllo riguardo all’origine dei prodotti (cosiddetta «tracciabilità»); sollecitare i paesi membri e la Commissione europea ad un efficace e continuo monitoraggio in tempo reale delle importazioni extracomunitarie, sia in termini di quantità che di prezzi, considerando, altresì, l’opportunità di dotare le dogane di strumenti tecnologici idonei al controllo qualitativo delle stesse, al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica; intraprendere ogni utile iniziativa in sede europea per far adottare, in tutti i paesi (e, quindi, anche in Cina), i principali standard di tutela del lavoro e dei lavoratori e, più in generale, perché ci si adoperi per assicurare uno sviluppo sostenibile sulla base della reciprocità nel rispetto delle più elementari norme sociali ed ambientali; sostenere, presso le istituzioni comunitarie, l’opportunità di valutare il possibile impiego dei fondi strutturali dell’Unione Europea per processi di riconversione delle imprese del settore tessile”. Queste le richieste contenute in una mozione presentata alla Camera dagli onn.li Luigi D’Agrò e Luca Volontè (UDC).



Troppi marchi confondono

Estratto AgenParl del 26 aprile - L’on. Ignazio La Russa (AN) ha presentato una mozione con cui impegna il Governo "a continuare la politica finora intrapresa e ad attivarsi affinché venga potenziato il sistema dei controlli doganali, in modo da acquisire ogni eventuale informazione su tutti i tipi di turbativa del mercato italiano ed europeo".
"La pesante crisi che sta investendo il settore del tessile e dell’abbigliamento di tutti i paesi dell’Unione Europea - ha spiegato il parlamentare - è l’effetto collaterale dell’apertura dei mercati alla Cina; tuttavia, la liberalizzazione del mercato, per poter essere effettiva e vantaggiosa per tutti, deve presupporre l’applicazione delle medesime regole per tutti i partecipanti, soprattutto per quanto riguarda la disciplina del lavoro, dei diritti dei lavoratori e del lavoro minorile".
L’on. La Russa ha ravvisato, invece, che "la forte penalizzazione del tessile ha toccato principalmente gli imprenditori italiani, nonché qualità e prestigio del made in Italy, evidenziando l’assenza di un’adeguata tutela dei nostri prodotti e della loro etichettatura a livello comunitario".
Secondo il deputato di destra, infatti, "un’adeguata forma di tutela è ravvisabile nell’istituzione del marchio made in Italy, che renda facilmente identificabile ad ogni acquirente l’origine italiana al 100 per cento e che garantisca che tutte le fasi della filiera si siano svolte in Italia", mentre "l’introduzione della denominazione d’origine paneuromed, relativamente alle merci provenienti dai paesi del Mediterraneo fuori dall’Unione Europea, e del made in, per identificare i prodotti del tessile e dell’abbigliamento provenienti dall’esterno della UE, così come proposto dal commissario Mandelson, potrebbe, in realtà, penalizzare ulteriormente la riconoscibilità del nostro made in".




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